1965, tre giovani ingegneri italiani creano il primo personal computer al mondo.
Nel 1963 il computer tecnologicamente più avanzato si chiamava il DEC PDP-1, costava 100 mila dollari e solo pochissimi laboratori al mondo potevano permetterselo. Un calcolatore elettronico di quelle dimensioni richiedeva una grande sala condizionata per smaltire il calore e l’assistenza continua di tecnici specializzati, ragione per cui restavano in funzione solo per alcune ore. Nacque così la professione del programmatore, intermediario tra l’utente e la macchina.
Ben quindici anni prima di Steve Jobs e Bill Gates, è l’italiana Olivetti a imboccare una strada nuova e rivoluzionaria, quella del personal computer. «Sognavo una macchina che sapesse imparare e poi eseguire docilmente, che consentisse di immagazzinare istruzioni e dati, ma nella quale le istruzioni fossero semplici e intuitive, il cui uso fosse alla portata di tutti e non solo di pochi specialisti. Perché questo fosse realizzabile, essa doveva soprattutto costare poco e non essere di dimensioni diverse dagli altri prodotti per l’ufficio, ai quali la gente si era da tempo abituata». Sono le parole dell’ingegnere Pier Giorgio Perotto nel libro L’invenzione del personal computer: una storia appassionante mai raccontata.
Cinquantacinque anni fa l’idea di un computer sulla scrivania o nella camera dei bambini era qualcosa di visionario, per altri un qualcosa di folle o risibile, ma non per un piccolo team di ingegneri di un’azienda piemontese di macchine da scrivere e da calcolo. La Programma 101 di Olivetti viene presentata il 14 ottobre 1965 a New York, al Waldorf Astoria, condotta dal giornalista Rai Ruggero Orlando. Il successo è immediato e clamoroso. Gli scienziati della Nasa ne intuiscono la portata e ordinano subito 45 esemplari utili a elaborare la traiettoria del viaggio della missione Apollo 11, che nel 1969 porterà l’uomo sulla luna.
Per la Olivetti tutto ebbe inizio dal laboratorio sperimentale di Pisa, diretto dall’ingegner Mario Tchou. Elea 9003 è il primo computer a transistor commerciale prodotto in Italia, uno dei primi del mondo. Alla morte dell’ingegnere Tchou, nel 1961, il laboratorio trasloca da Pisa a Milano. Pier Giorgio Perotto, Giovanni De Sandre e Gastone Garziera si mettono al lavoro sul progetto Programma 101. “Programma” richiamava una delle caratteristiche esclusive del prodotto, mentre il numero “101” fu scelto perché suonava bene in inglese.
La macchina viene assemblata negli stabilimenti di Ivrea nel novembre del 1964, il giovane architetto Mario Bellini ne cura il design, mentre la stampante e la tastiera della macchina sono opera di Franco Bretti, progettista della Olivetti. Nel laboratorio di Milano s’inventano una piccola memoria con un filo di ferro, mentre per l’ingresso e l’uscita dei dati utilizzano una cartolina magnetica, l’antenata dei dischetti o floppy disk. Il problema fu creare un sistema di programmazione nuovo. Ricorda Perotto: «Ne venne fuori un semplicissimo di sole sedici istruzioni, estremamente intuitive, con le quali compilare un programma equivaleva a scrivere la formula matematica delle operazioni da seguire. Una specie di Basic ante litteram».
Nessuno aveva mai visto nulla del genere, così tanta potenza di calcolo in un prodotto commerciale dal volume e peso così piccoli. E molto utile: applicazioni come il calcolo di ammortamenti, ipoteche, paghe erano facili da eseguire. Il New York Journal American scrisse: «Con la Programma 101 un manager ora può avere la sua segretaria che divide le spese di tutti i reparti di un’azienda con velocità istantanea e sul suo tavolo».
La notizia del «first desk top computer of the world» farà subito il giro del mondo. Nel 1966 si producono oltre 200 Programma 101, costo due milioni di lire in Italia e tremila duecento dollari in America, per un totale di 44 mila esemplari. La concorrenza Hewlett Packard non tarderà a imitare il prodotto del genio italiano, mentre la Olivetti sceglierà la strada delle macchine da calcolo e da scrivere. Forse perché non credeva molto nell’elettronica. La storia di questa straordinaria avventura è raccontata in un film documentario.
